L’11 gennaio 2022 la Camera ha approvato la proposta di legge per l’inserimento delle “soft skills” nel sistema educativo scolastico. Il concetto di soft skills fa riferimento a quelle competenze legate all’intelligenza emotiva e alle abilità naturali che ciascuno di noi possiede.
Ecco che si pensa di «introdurre, nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado, le competenze non cognitive (come amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura mentale) per contrastare in modo efficace la povertà educativa e la dispersione scolastica». Il disegno di legge, di iniziativa parlamentare, ha visto impegnati nella stesura deputati della maggior parte dei gruppi.
Che le soft skills, o competenze non cognitive, siano di cruciale importanza è indubbio. I due anni di didattica a distanza hanno ulteriormente ridotto lo sviluppo di alcuni valori fondamentali per la crescita personale e professionale dei ragazzi. Ad esempio, sono certamente venuti meno i tipici rapporti relazionali e di interazione che intercorrono tra i corridoi, nei cortili e nelle aree comuni scolastiche, processi dati per scontati ma importantissimi per la crescita interpersonale.
La proposta di legge prevede che la sperimentazione abbia inizio nel 2022-2023 per tre anni nelle scuole di ogni ordine e grado, compresi i Cpia, in parallelo con l’attività di formazione dei docenti.
Ma cerchiamo di capire meglio questa nuova normativa:
Cosa sono le soft skills
La legge, oltre a essere particolarmente interessante poiché nata da un’iniziativa diretta del Parlamento e non come applicazione di una direttiva governativa, rappresenta certamente un punto di partenza per una scuola innovativa, che consolida e promuove un nuovo modo di apprendere: più trasversale e soprattutto più vicino alle esigenze formative di bambini e ragazzi, accogliendo la necessità di renderli consapevoli e protagonisti del proprio apprendimento nella sua dimensione globale.
Per comprendere precisamente cosa sono le soft skills è necessario partire dalle hard skills, cioè tutte quelle conoscenze di natura tecnica che si acquisiscono a scuola, utili per poter svolgere una certa mansione.
Si tratta delle famose competenze di base di natura professionale, ad esempio, l’abilità nell’usare un certo software o la conoscenza di un sistema di produzione. Si tratta di tutti quei mezzi vengono forniti presso le scuole o in corsi professionalizzanti attraverso programmi didattici tradizionali. Insomma, è tutto ciò che è stato fatto finora.
Le soft skills, invece, sono più complesse da identificare. Spesso venivano chiamate, semplicemente, attitudini intrinseche che ogni ragazzo sviluppa in base alle sole esperienze che compie nella vita. Quindi talento, capacità di problem solving, buona gestione dello stress, derivano da situazioni a cui ci si trova davanti e che vanno risolte. La scuola si deve inserire in questo contesto in modo da poter aiutare a tirare fuori il meglio dai ragazzi e fornire al mondo del lavoro, in futuro, personale sempre più adatto e adattabile alle esigenze aziendali.
La classificazione delle soft skills
Le soft skills sono classificabili in categorie e a farlo ci ha pensato la Commissione Europea a seguito di una ricerca relativa al mercato professionale. Quindi ecco come riconoscerle:
- soft skills di efficacia personale: resistenza allo stress, flessibilità, autostima, stress control, creatività e apprendimento continuo;
- soft skills di servizio e relazionali: orientamento al cliente, comunicazione con l’esterno, cooperazione e capacità di mantenere rapporti con terzi;
- soft skills di influenza e impatto: tendenza alla persuasione, organizzazione consapevole, mantenimento della leadership e coaching;
- soft skills per la realizzazione: ordine e qualità, iniziativa, approccio costruttivo, orientamento al risultato, organizzazione e pianificazione delle attività, autonomia nel lavoro e problem solving;
- soft skills cognitive: capacità di astrazione e analisi.
Si tratta di caratteristiche che, molto spesso, pratichiamo nella vita di tutti i giorni ma non riusciamo a riconoscerle come possibili marce in più per sfondare nella vita professionale.
La normativa
A dare delle direttive è la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea di maggio 2018, in cui si richiede di assicurare il diritto all’istruzione e fare una sorta di upgrade, inserendo nuovi metodi che permettano lo sviluppo a 360 gradi dello studente.
Per avere successo è necessario partire sin dall’infanzia, pertanto già dalla scuola primaria bisogna sollecitare i bambini allo sviluppo delle capacità trasversali, però attraverso attività ludico-creative. In questo caso, ogni componente della classe si troverà in situazioni realistiche da risolvere come dei veri e propri problemi. In base alle risposte fornite sarà possibile sviluppare un nuovo modo di vedere le cose e di pensare.
Ovviamente è necessario continuare a coltivare tale metodologia, commisurandola all’età dei ragazzi. Un grande risultato sarebbe arrivare alla famosa alternanza scuola lavoro con delle soft skills completamente sviluppate, però se si inizia da qui il lavoro cresce e c’è bisogno del supporto di professionisti ed enti professionalizzanti.
Quindi è essenziale creare dei veri e propri ponti tra ciò che la scuola insegna e quello che il mondo reale desidera dai futuri lavoratori, cioè tra la teoria e la pratica. È essenziale, per avere successo, cercare di strutturare il sistema formativo in maniera responsabile e monitorando, nel corso del tempo, i progressi dei ragazzi.
All’Art. 1 del disegno di legge n. 2493 (Sviluppo di competenze non cognitive nei percorsi scolastici) si scrive che:
«Al fine di promuovere la cultura della competenza, di integrare i saperi disciplinari e le relative abilità fondamentali e di migliorare il successo formativo prevenendo analfabetismi funzionali, povertà educativa e dispersione scolastica, il ministero dell’Istruzione, a partire dall’anno scolastico 2022/2023, favorisce lo sviluppo delle competenze non cognitive nelle attività educative e didattiche delle istituzioni scolastiche statali e paritarie di ogni ordine e grado».
Al termine della sperimentazione di cui all’articolo 3, sulla base dei risultati della stessa, con decreto del ministro dell’Istruzione, sono definite le linee guida per lo sviluppo delle competenze non cognitive di cui al comma 1, che individuano, ove non già previsti, specifici traguardi per lo sviluppo delle competenze e obiettivi specifici di apprendimento, in coerenza con le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, nonché con il documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari e con le Indicazioni nazionali per i licei e le linee guida per gli istituti tecnici e professionali vigenti.
All’art. 3 si fa riferimento alla durata della sperimentazione. In particolare si legge:
«Con decreto del ministro dell’Istruzione, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il Consiglio superiore della pubblica istruzione, sono stabiliti i criteri generali per lo svolgimento, a decorrere dall’anno scolastico 2022/2023 e per un triennio, nelle istituzioni scolastiche statali e paritarie di ogni ordine e grado, di una sperimentazione nazionale ai sensi dell’articolo 11 del regolamento di cui al decreto del presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, finalizzata allo sviluppo di competenze non cognitive nei percorsi scolastici».